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Antonio Trotta

Sospiri

Mostra di scultura


21 - 22 - 23 agosto | dalle 18.00 alle 23.00
Locorotondo, chiesa di Sant’Anna


(…) Sospiri, la serie di lavori del 1999 in cui il marmo si trasforma in foglio scosso dal vento e sembra palpitare di vita, (…) presenza di elementi che contraddicono la pesantezza del materiale di cui sono in realtà costituiti, (…) un flatus voci, una emissione d’aria sonora che si fa linguaggio, o meglio melodia, musica, poesia... [Marco Senaldi]

“(…) mi fanno venire in mente un tango, dove una donna che sta per essere piantata rimprovera al suo amante che quando la voleva conquistare faceva dei sospiri tali da scollare la carta da parati.” [Antonio Trotta]

trottaAntonio Trotta è nato nel Cilento e cresciuto a Buenos Ayres. Ha partecipato alle Biennali di Venezia del 1968,’76, ’78, ‘90. Ha realizzato mostre per importanti gallerie italiane e straniere; ha scolpito monumenti:  Aleteia (Palazzo Giustizia Vallo della Lucania), alla Resistenza (La Spezia), G. D’Annunzio (Vittoriale degli Italiani), Pietra Leccese (Martano-Le). Ha approfondito in particolare la tematica dei sensi, sostenendo che: “Senza la rappresentazione non c’è linguaggio, quindi è impossibile parlare d’arte”.



www.antoniotrotta.it


La corteccia
"Quando penso alla scultura, a differenza della pittura, cioè una finzione nella finzione, la scultura appare come un "essere", ma cos’è questo essere non vivo e che però non sento come un quadro, lontano da me, con una distanza fra me e lui irraggiungibile, che posso guardare ma non riesco ad immaginare dietro l’immagine, dove non si vede, e se lo tocco non corrisponde il senso con la materia di cui è fatto.
Vedo una faccia, mi avvicino, tocco, scopro che è olio (seconda finzione) non immagino dietro, l’altro orecchio, l’altra parte del naso, vedo un albero, tocco e sento olio, un altro controsenso? Immaginavo… di sentire il senso della corteccia, invece no, rimane quella distanza, non riesco a sentirlo come un essere, manifesta sensi e me li comunica solo intellettualmente, direi quasi che devo averli io per sentirli nel quadro; mi succede anche con l’oggetto artistico. Lo vedo e con un solo sguardo, posso leggerlo ed esaurirlo senza toccarlo, senza girargli intorno, non mi nasconde nulla, è volumetrico, è come se guardassi un cilindro disegnato. E’ solo frontale, senza spessore, i sensi bisogna inventarli e sentirli per poi attribuirglieli.

Direi che chi non ha sensi da attribuire a un quadro o a un oggetto, o non è capace di leggere il messaggio o il limite tra finzione e realtà può confonderli -e ne ha anche il diritto– con qualche oggetto quotidiano o può declassarli a tali, cosa che mi pare impossibile possa accadere con la scultura, che invece è lì presente: i sensi sono in se stessa, è come un , presente con i suoi sensi. Se non si legge così e solo perché si trova in un altro posto.

Direi che un quadro o un oggetto chi non ha sensi da attribuirgli o non è capace di leggere il messaggio o il limite tra finzione e realtà può confonderli – e ne ha anche il diritto – con qualche oggetto quotidiano o può declassarli a tali, cosa che mi sembra impossibile che accada con la scultura, che è lì presente, i sensi sono in se stessa, è come un , presente con i suoi sensi. Se non si legge così e solo perché si trova in un altro posto.

Insomma non c’è la scultura, è come dire ho una persona accanto, stendo la mano per toccarla e non sento niente, non c’era la persona o era andata via e non me ne sono accorto, sto parlando, senza volerlo un’altra volta della pittura, perché questo non è possibile con la scultura né con la persona se è qui. Ma cos’è questo con i sensi materiale che si corrispondono, vedo bronzo, tocco ed è bronzo, vedo marmo, tocco ed e sento marmo, vedo legno, tocco e: anche se rappresenta qualche finzione sento il legno, è qui e vive per conto suo. Sento la sua presenza non come protagonista anche se rappresenta qualche protagonista.

Protagonista la credeva l’imperatore che si faceva scolpire pensando di trasferire il suo essere nel bronzo o marmo; ma quando nasceva la scultura gli sfuggiva sempre. L’imperatore scompare nella sua illusione quando appare la scultura nella sua vitalità con i suoi sensi che non corrispondono a quelli dell’ imperatore, come dire che la ballerina di Degas c’entri con la ballerina protagonista che balla ogni volta diversamente a seconda del momento della musica.
Quando dicono della scultura che ha colto un momento della ballerina è quando più si allontana dalla ballerina stessa. La ballerina continua a ballare o ha smesso, la immagino, posso andare a vederla, la scultura della ballerina non posso immaginarla per sentire i suoi sensi, devo andare dov’è, toccarla, girarle intorno e sentire ogni pezzettino della sua superficie.
Non posso sedermi in poltrona a teatro e contemplarla da lontano mentre balla, perché non balla, non si muove, non parla, non suda, non dice grazie agli applausi, non è protagonista.
Dovrei confondere, come i giudici, la carne con la celluloide quando vietano un film o come gli imperatori che si credono immortali perché scolpiti, cosa riuscita solo a quelli che hanno avuto la fortuna di non inciampare in un bravo scultore oppure con un bravo pittore giacché possiamo non avere o dimenticare certi sensi per un bel po’ e vederli rappresentati come si voleva, oppure con un De Chirico che li dipinge come scolpiti in marmo dove la scultura è protagonista, è qui dove si evidenzia quello che ho accennato prima: la finzione nella finzione, cosa che non possiede la scultura come esser in se stesso anche se è finzione. (Trotta).